A Katsushika Hokusai, uno dei più celebri artisti giapponesi, sono state dedicate molte mostre, ma mai, in Italia, si è guardato alle opere che sono entrate a far parte del nostro patrimonio artistico. È quello che fa ora “Hokusai”, a Palazzo Blu a Pisa dal 24 ottobre (apertura alle 15) al 23 febbraio del prossimo anno, presentando la ricca collezione raccolta a fine Ottocento da Edoardo Chiossone, disegnatore e incisore, che inviò in patria quella che è diventata la collezione italiana d’arte giapponese più importante, conservata al Museo Edoardo Chiossone di Genova.
Le altre opere in mostra provengono dalla seconda grande collezione italiana d’arte giapponese, quella del Museo d’arte Orientale di Venezia messa insieme dal conte Enrico Bardi, principe di Borbone, e da collezioni private italiane ed europee. Circa 200 le opere di “Hokusai”, fra cui capolavori mai esposti prima, per esplorare il mondo del massimo esponente dell’ukiyoe, cioè “pittura della vita che passa, del mondo fluttuante” (letteralmente: uki, fluttuante; yo, mondo terreno; e, raffigurazione, immagine, dipinto), filone artistico fiorito fra il 17° e il 19° secolo, caratterizzato dalla sostituzione dei soggetti tradizionali con scene e personaggi del mondo contemporaneo e della vita quotidiana, e che incorporò la tecnica di stampa da matrice in legno importata dalla Cina, tecnica che permise la riproduzione in serie di uno stesso soggetto.
Un monte iconico
Nel suo lungo percorso artistico Hokusai (1760-1849) – nome d’arte che scelse intorno ai trent’anni per firmare le stampe, e che significa letteralmente “studio della stella polare”, dunque di buon auspicio per una brillante carriera – ha attraversato molti temi, formati e tipologie di opere, e le diverse sezioni della mostra li raccontano a partire dalla sua produzione più nota, quella delle stampe policrome prodotte per il grande mercato: vedute di templi e architetture che sperimentano l’uso della prospettiva occidentale adottata da metà Settecento, o di ponti e cascate famosi del Giappone, ma anche alcuni libri illustrati a stampa che trattano le prime rotte di viaggio nel cuore del Paese.
È all’interno di questa produzione che si collocano anche le Vedute del monte Fuji, a cui è dedicata una sezione intera che presenta le Trentasei vedute del monte Fuji (1830-32) di cui viene esposta la serie completa con una versione in blu del vulcano: fra queste La grande onda presso la costa di Kanagawa, l’opera più nota di tutta la sua produzione, in cui la montagna appare in lontananza coperta dalle frange di un’immensa onda che sta inghiottendo una barca di pescatori in balia del mare in tempesta.
In questa sezione anche i tre volumi a stampa Cento vedute del monte Fuji (1834-35, 1840 c.) in cui Hokusai scrisse il suo testamento artistico, dove auspicava di continuare a dipingere fino ai centodieci anni per diventare un vero pittore: è morto prima di quel traguardo, ma ha continuato a dipingere fino agli ultimi giorni della sua vita, definendosi a un certo punto come «il vecchio pazzo per la pittura».
Anche i Manga
In mostra fra l’altro anche i volumi di schizzi intitolati Manga, veri e propri manuali di disegno; i surimono, biglietti pubblicitari e inviti prodotti in edizione limitata e arricchiti da pigmenti d’argento e oro; i dipinti, ai quali si dedicò nella seconda parte della sua vita, su carta e seta su rotolo verticale raffiguranti animali portafortuna e leggendari, ma anche ritratti di poeti, di divinità e di bellezze femminili. Inoltre, una installazione video digitale interattiva che illustra l’influenza che Hokusai ha avuto su artisti europei come Degas, Toulouse-Lautrec, Emile Gallè, che hanno espressamente fatto riferimento alle sue opere.
Una influenza che dura tuttora: La grande onda è oggi divenuta icona dell’arte giapponese nel mondo, citata da artisti moderni e contemporanei e declinata in versioni pop nel design di ogni tipo – dopo la Monna Lisa di Leonardo da Vinci è tra i capolavori più riprodotti della storia dell’arte -, e finendo anche, dallo scorso luglio, sulle nuove banconote da 1000 yen, le più comuni in Giappone.
Per i soci ingresso in convenzione.